Garante Privacy: sanzione da 100.000 euro a BBVA per violazione del diritto di accesso
Il caso: la richiesta di accesso ai dati e il reclamo del cliente
Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha inflitto a BBVA una sanzione di 100.000 euro per non aver rispettato i termini previsti dal Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) in relazione a una richiesta di accesso ai dati personali (artt. 12 e 15).
Il caso nasce dal reclamo di un cliente che, dopo essere stato vittima di frode bancaria, aveva richiesto le registrazioni delle chiamate intercorse con il servizio clienti. La banca, a causa di procedure interne complesse e frammentate, ha fornito inizialmente un riscontro incompleto e solo successivamente, a seguito dell’intervento del Garante, ha trasmesso i dati richiesti.
Il profilo giuridico della violazione
Violazione degli artt. 12 e 15 GDPR
Il Garante ha rilevato la violazione degli:
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art. 12, par. 3 GDPR, che impone al titolare di rispondere alle richieste degli interessati senza ingiustificato ritardo e comunque entro un mese;
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art. 12, par. 4 GDPR, che obbliga a comunicare le ragioni dell’eventuale mancato riscontro entro lo stesso termine;
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art. 15 GDPR, che sancisce il diritto di accesso ai dati personali
Le Linee guida EDPB sul diritto di accesso
Le registrazioni delle conversazioni telefoniche, come chiarito dalle Linee guida 01/2022 dell’EDPB sul diritto di accesso, costituiscono dati personali a tutti gli effetti quando riconducibili all’interessato. Pertanto, la banca era tenuta a consegnarle integralmente e tempestivamente.
La sanzione Pecuniaria
Il ritardo e l’incompletezza del riscontro hanno reso la condotta illecita, con conseguente applicazione della sanzione ex art. 83, par. 5 GDPR, che prevede le multe più gravi per violazioni dei diritti fondamentali degli interessati.
Quando i processi “sicuri” diventano rischiosi
Il provvedimento mette in luce un paradosso: la violazione non è dipesa da un intento doloso, ma da un processo interno creato per rafforzare la sicurezza.
BBVA aveva introdotto procedure più restrittive sull’estrazione delle registrazioni, demandandone la gestione solo a dipendenti interni e non agli outsourcer. Tuttavia, questa scelta, non accompagnata da una governance chiara e controlli incrociati, ha prodotto ritardi e fraintendimenti che hanno compromesso la compliance.
È un monito importante: la sicurezza e la compliance devono andare di pari passo. Processi pensati per “proteggere” i dati, se troppo complessi o mal coordinati, possono di fatto violare il GDPR.
Il ruolo chiave del DPO
In questo scenario, la figura del Data Protection Officer (DPO) si conferma determinante:
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monitora il rispetto dei termini di legge nelle richieste ex artt. 15-22 GDPR;
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valuta l’impatto delle modifiche organizzative sulle procedure di risposta agli interessati;
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propone misure correttive per prevenire colli di bottiglia e ritardi;
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agisce come punto di contatto tra azienda, outsourcer e Autorità di controllo.
Un DPO attivo e ben integrato avrebbe potuto intercettare le criticità derivanti dal nuovo processo di gestione delle registrazioni e prevenire la violazione.
Lezioni per le aziende
Il provvedimento del Garante insegna che:
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il diritto di accesso è un diritto fondamentale e va garantito entro un mese, senza eccezioni;
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le procedure interne devono essere snelle e testate per assicurare efficienza e tempestività;
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il DPO non è un mero obbligo di legge, ma un alleato strategico per ridurre i rischi di sanzioni e tutelare la reputazione aziendale.
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Il caso BBVA dimostra che anche processi pensati per aumentare la sicurezza possono trasformarsi in rischi e portare a sanzioni pesanti.
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